LA REPUBBLICA, domenica 2 luglio 2006
Lia Di Renzo, assessore alla Famiglia e all’Infanzia. In Campidoglio dopo decenni d’esperienza come direttrice scolastica.
“Una baby-sitter in tutti i musei e una Rete per l’aiuto tra famiglie.”
Ha un curriculum pesante: due lauree, tre master e dieci anni di esperienze nella più straordinaria tra le scuole medie romane, la Mazzini dei bimbi di ogni etnia e dei piccoli sordomuti di cui conosce le lingue (gestuale e labiale). Lia Di Renzo, nominata assessore delle Politiche per l’infanzia e la famiglia al posto di Pamela Pantano, al cursus honorum già significativo vuole aggiungere la realizzazione di una promessa tonante: “Voglio che in tutti i musei di Roma ci siano baby sitter in grado di accudire i bambini”.
Come nasce quest’idea? E perché proprio nei musei?
“Perché le famiglie hanno diritto di godere delle attività culturali che la città offre. Dopo il teatro dell’Opera, che già lo fa, l’iniziativa sarà estesa al Quirino, poi ai musei.”
Cos’altro ha intenzione di fare?
“Non posso dirle nulla, è troppo presto. Non ho ancora completato il programma, e comunque lo devo discutere con il sindaco.”
Un accenno?
Per prima cosa comincerò ad ascoltare le famiglie. Noi dobbiamo puntare sulla centralità della “famiglia Roma”, ovvero Roma come grande famiglia...”
Ma questo forse è politichese. Torniamo alle idee concrete.
“Sì, ma ripeto: sono ancora idee da sviluppare. Una cosa è certa, penso a una Casa della famiglia.”
In che cosa consiste esattamente?
“Sarà il luogo in cui ottenere tutte le informazioni sui servizi offerti alla famiglia, anche da altri assessorati: per esempio su chi può occuparsi del nonno quando si va in vacanza. E poi vorrei creare la Consulta delle famiglie, un organo in cui sono loro stesse a riunirsi e fare proposte. Gliene dico un’altra: una Rete genitoriale, cioè creazione di una comunità di genitori che sappiano aiutarsi gli uni con gli altri, nello spirito che questa città ha sempre saputo esprimere.”
Continuerà il lavoro sulla scia di quello fatto dall’assessore Pamela Pantano?
“C’è una differenza chiara già nel nome dell’assessorato: era all’Infanzia e alla famiglia, ora è esattamente il contrario. Una decisione che mi rappresenta, tuttavia manterremo molte delle cose realizzate dalla Pantano e alcune le potenzieremo. Penso a “Pierino e il Lupo” contro la violenza, al Consiglio comunale dei bimbi e ai clown nei reparti ospedalieri. O ancora i “Bus a piedi”, cui voglio aggiungere “A piedi da soli” creando una rete di persone che tengono sott’occhio i bimbi che vanno a scuola, dall’edicolante al cartolaio e al negoziante.”
Come si fa nei paesi, in provincia ancora.
“Infatti. Quando ero piccola vivevo in un paese, in Abruzzo, Lettomanoppello, per l’esattezza. Si era sempre controllati da qualcuno quando si stava in strada, dai vicini che ti vedevano, dai genitori degli amichetti. Una supervisione bonaria e affettuosa. Anche i genitori di Roma devono potersi fidare a mandare i ragazzini a scuola da soli. I bambini quando vengono accompagnati sempre in auto perdono il senso dell’orientamento cittadino e ne perdono anche la bellezza.”
Ha già una gran passione per il suo lavoro. Se l’aspettava il compito che le hanno affidato?
“Mi sarei aspettata tutto, meno questo. Ero in pensione, scrivevo libri. Un giorno mi telefona Rutelli e mi chiede se sarei stata disponibile a questo ruolo. Ho detto di sì un po’ sorpresa, distrattamente, convinta che avrei potuto fare marcia indietro. Invece un’ora dopo mi ha telefonato Veltroni.”
E come ha reagito?
“Mi sono detta: svegliati Lia, è proprio vero. Ma sono ancora un po’ stordita adesso. Continuo a non crederci del tutto ma mi sono messa già a lavoro.”
Paolo G. Brera