martedì, ottobre 31, 2006

I ragazzi delle Carine


Lia Di Renzo, Di Renzo Editore

Ho conosciuto Lia Di Renzo quando era preside alla Scuola Media Statale “ Mazzini” di Roma attraverso una segnalazione pressante di Pina Candia, allora reggente dell’Istituto Statale di Cultura a Pecchino, con la quale avevo contatti per la Festa Internazionale della Primavera e il Premio Cypraea – Giovane Europa, punti cardini delle manifestazioni promosse dall’Associazione Culturale Cypraea, da me fondata, che impegna giovani di tutto il mondo e ne converge le forze in incontri che producono non solo idee e progetti ma incanalano alla socialità, alla comprensione e conoscenza fra popoli diversi ed innestano il desiderio di pace e tutela della natura.

Ora mi trovo sulla scrivania il suo libro “I ragazzi delle Carine” che si muove sul filo conduttore della Cypraea nel messaggio di integrazione, convivenza e pace, concetti che la scrittrice esprime con un linguaggio scorrevole, chiaro, incisivo e direi in alcuni punti profondamente coinvolgente.

La protagonista Hailji Pan, nata a Pechino, che giunge a Roma per frequentare la Scuola italiana, porta nel cuore un mondo ormai lontano e nella mente la preparazione ad accoglierne un altro ed integrarlo nella sua cultura. L’apertura alla nuova vita viene puntualizzata dalla luce che entra ovunque,lungo i corridoi della scuola dalle ampie vetrate all’aula grande e luminosa,. La Cina è vicina a lei, e rivede i vecchi docenti che , nella loro povertà, indossavano lo stesso vestito scuro così sconfortante nel periodo estivo, e la grande siepe di gelsomini bianchi. Nell ‘inoltrarsi in questa vita nuova, costellata da nuovi compagni, da professori che le insegnano che il male è ignoranza e il sapere è coscienza morale e conoscenza di sé,la protagonista scopre che alle Carine ogni giovane, indipendentemente dal colore della pelle è portatore di diritti inviolabili, è sede di valori che rendono partecipi e comprende di far parte della specie umana come incontro delle diversità.

Ma mano che ci si inoltra nel racconto si apre la porta della stanza virtuale di Lia , vi si entra e si conosce negli oggetti che la circondano, nelle emozioni che trasmette, nella passione che avvolge i suoi “ ragazzi” una vibrazione forte che il divenire del tempo, che ivi trascorre, emette e diffonde. Un divenire che passa attraverso tre stadi, passato, presente e futuro ma che si radica nella memoria storica del ricordo che conduce l’autrice a parlare di odori e profumi delle cose soprattutto di quelle che stanno scomparendo dalla nostra civiltà …forse per il troppo smog sul cuore degli uomini che annerisce i ricordi del proprio passato. Anche le persone, soprattutto quelle legate da affetti familiari, con i loro sentimenti lasciano una traccia nel luoghi dove vivono, una misteriosa presenza che si dilata nel cuore di chi ne avverte il fluido.

Man mano che si procede nella lettura si incontrano altri giovani, come la sudanese Adrel dalla pelle colore ebano liscia e levigata, della quale in poco spazio narrativo l’autrice descrive la disperazione, facendola penetrare nell’intimo di chi legge, tanto da spingerlo ad aggiungere immagini ad immagini in un nuovo mosaico interpretativo dei sentimenti. Su questa linea armonica le Carine sono il simbolo di un Eden non perduto ma che si compone e Lia Di Renzo in questo incontro continuo di personaggi rende anche il paesaggio animato, palpitante, vivo e parte integrante del raccontare.

I concetti tanti e belli, attuali e profondi, validi e maturi, trasformano questo libro in una terra senza confini in quanto una volta aperto per leggerlo ti sorprende come si dilati e diventi ampio come il cielo, dove ti invita e ti aiuta a volare sulle ali della vera Libertà e della vera Pace.

Cecilia Coppola

mercoledì, ottobre 25, 2006

La sindrome degli antenati


Maurizio Gasseau
- Facoltà di Psicologia – Università di Torino

Anne Ancelin SchützenbergerLa sindrome degli antenatiDi Renzo Editore

Più volte gli studenti universitari e quelli delle scuole di specializzazione in psicoterapia, affascinati dalle ricerche sulla trasmissione transgenerazionale dell’Autrice, mi hanno chiesto dove poter reperire, in lingua italiana, questi lavori, indispensabili, oggi, per comprendere cosa ci sia dietro ai sintomi delle malattie psicosomatiche e ad alcuni disturbi oncologici, per poterne cogliere quei legami “transgenerazionali” inconsci che vincolano i soggetti ai loro antenati.
Il titolo della prima edizione francese Aïe, mes aïeux!, apparso nel 1993 e tradotto in inglese, tedesco, russo e spagnolo, mostra tutto il peso di questi legami, ai quali l’Autrice, profonda studiosa del corpo e attenta conduttrice di gruppi, si riferisce citando Sant’Agostino: “i morti non sono degli assenti, sono degli invisibili”. In tal modo Ella vuole aprirci a un mondo di voci interiori e di presenze transgenerazionali che popolano il teatro oscuro della nostra mente.
Anne Ancelin Schützenberger ha iniziato i suoi studi in Psicologia all’Università di Parigi nel primo dopoguerra ed è stata iniziata alla formazione psicoanalitica dall’antropologo Robert Gassain, direttore del “Museo dell’Uomo” di Parigi e da Françoise Dolto.
Nel 1950, inoltre, Anne ha ricevuto il Prix de l’Aide Allièe à la Resistance come risultato del suo impegno durante gli anni dell’occupazione nazista.
Nel 1951 ha intrapreso l’avventura americana che l’ha portata ad osservare e studiare i processi di interazione e le dinamiche di gruppo con gli allievi di Kurt Lewin al Research Center for Group Dynamics e, nello stesso anno, ha conosciuto Jacob Levi Moreno. Profondamente colpita dalla personalità di questi e dai suoi lavori, ha sempre affermato di sentirsi una delle figlie adottive del fondatore della sociometria, divenendo in seguito uno dei primi Direttori di psicodramma del Moreno Institute di Beacon-New York. Da quel momento Anne Schützenberger è rimasta sempre professionalmente vicino all’ideatore della psicoterapia di gruppo, sostenendolo, con la sua presenza, anche negli ultimi mesi di vita.
Moreno ha riconosciuto in lei la spiccata intelligenza, le fervide intuizioni e le notevoli capacità di osservazione, fino a volerla come rappresentante della cultura psicodrammatica nel mondo accademico.

Anne Schützenberger ha raccolto, in un ventennio di lavoro, le osservazioni sulla comunicazione non verbale nei gruppi, documentandole in una tesi conclusiva di dottorato. Nel 1976 ha ricevuto la nomina di Professore Emerito e la cattedra di Psicologia Sociale e Clinica all’Università di Nizza dove già insegnava dal 1967 ed è stata per quasi vent’anni Direttore del Laboratorio di Ricerca di Psicologia Clinica Sociale.
Impegnata nella ricerca e nella didattica universitaria a Parigi e a Nizza, ha sviluppato il suo insegnamento in Europa, in Asia, nelle Americhe, in Nord Africa ed in Australia, grazie anche alla rete di relazioni internazionali che l’ha portata ad essere uno dei pilastri dell’International Association of Group Psycotherapy (IAGP) creata da Moreno nel 1951.
Nel 2001 è stata la prima psicodrammatista ad essere riconosciuta come Membro Onorario della Federation European of Psycodrama Training Organization (FEPTO) alla cui costituzione aveva attivamente partecipato.
È stata allieva del fondatore della gruppoanalisi S.H.Foulkes da cui aveva appreso l’importanza delle matrici per lo sviluppo di un modello multipersonale della mente, e della psicoanalista Francoise Dolto, durante le cui supervisioni, alla fine degli anni ’50, emerse l’importanza di conoscere della vita degli antenati, nonché l’intuizione del rilievo delle trasmissioni inconsce e involontarie nei legami transgenerazionali.
Il presente volume che, nella sola Francia, ha venduto più di duecentomila copie, presenta una ricca serie di studi e ricerche sui fenomeni transgenerazionali; l’opera dell’Autrice si compone, progressivamente, in un mosaico di contributi dei suoi Maestri e dei precursori degli studi dell’inconscio e del genosociogramma e si arricchisce degli esempi clinici raccolti nel corso della sua pratica professionale e dell’analisi di eventi storici e di bibliografie di personaggi illustri. Un libro denso di significativi apporti e di stimoli teorici quali quelli di Nicolas Abraham e Maria Török sui segreti familiari e “la cripta” ed “il fantasma” e di Josephine Hilgard sulla sindrome dell’anniversario, che offre ad Anne Schützenberger la conferma statistica di quanto l’Autrice aveva osservato nel corso della sua pratica clinica: la ripetizione di generazione in generazione di eventi traumatici.
Le trasmissioni transgenerazionali, secondo la Schützenberger, sono in genere legate a dei segreti, a delle cose taciute, nascoste, talvolta proibite anche al pensiero che attraversano le generazioni, senza essere né pensate né elaborate. L’Autrice ha allargato la prospettiva della Hilgard prendendo in considerazione un numero maggiore di generazioni ed osservando il fenomeno non solo nelle vicende delle famiglie, ma anche nella storia dei popoli: nel testo Ella propone una chiave di lettura transgenerazionale, nei secoli, sulle vicende del Kossovo.
Lo strumento del genosociogramma è presentato come elemento fondamentale
per ricostruire i passaggi significativi nella storia delle famiglie e per invitare ad una presa di coscienza di eventuali ripetizioni dei traumi del soggetto sofferente, ripercorrendo date ed eventi che permettono la ricerca di legami nascosti o inconsci.
La psicoanalista Schützenberger lavora sulla comunicazione non verbale, su dimenticanze, rotture, fratture dell’anima, sincronicità e coincidenze di nascita e morte, matrimonio, separazione, incidenti, comparsa di malattie, fallimenti, dati importanti nell’universo personale e familiare del soggetto che illuminano sulla realtà psicologica.
Nel 2001 Alessandra Verri che ha discusso, alla Facoltà di Psicologia di Torino, una tesi dal titolo “Ricerca e Studi di Anne Ancelin Schützenberger: il suo approccio al transgenerazionale” mi ha consentito di trarre molte nuove informazioni.
La lettura delle opere dell’Autrice e la partecipazione ai suoi seminari hanno profondamente mutato la mia condotta di psicoterapeuta e di psicoanalista e ringrazio con affetto Anne per la costanza e la passione per la ricerca che ha permesso a tutti noi di beneficiare dei suoi stimoli e del suo lavoro.
A Vienna, recentemente, durante il 3° Congresso Mondiale di Psicoterapia organizzato dal World Council of Psychoterapy ho visto, ancora una volta, la professoressa Schützenberger esporre, con lo stesso vigore ed estrema chiarezza, ad una platea di psicoterapeuti, i suoi studi sul transgenerazionale.
La domanda che pongo ai ricercatori italiani, rileggendo questo testo, è se il genosociogramma possa essere un utile strumento di prevenzione, o persino di terapia, del disturbo oncologico, sempre più diffuso ai nostri giorni.
Invito pertanto i lettori italiani a lasciarsi fluttuare in ricordi ed associazioni, durante la lettura, per poter meglio assimilare i contenuti di questo testo.

La sindrome degli antenati


venerdì, ottobre 20, 2006

L’immagine filogenetica: un’ipotesi micropsicoanalitica sulla trasmissione transgenerazionale

Nella storia della psicoanalisi l’ipotesi di una trasmissione di moduli psichici da una generazione all’altra si è posta più volte.
Già Freud in “ Totem e tabù” parla di trasmissione transgenerazionale rispetto ad importanti traumi psichici replicati più volte nella storia dell’umanità. Freud oscillerà sempre tra l’ipotesi di trasmissione fra generazioni basata su processi inconsci di identificazione e quella di trasmissione ereditaria: “ I divieti si sono quindi conservati di generazione in generazione forse soltanto a causa della tradizione, rappresentata dall’autorità dei genitori, o della società, o forse, invece, si sono organizzati nelle generazioni successive come patrimonio psichico ereditario”.(1)
Più recentemente psicoanalisti di varie scuole si sono trovati di fronte a situazioni cliniche spiegabili solo ricorrendo al concetto di trasmissione transgenerazionale.
Fainberg (1993) per spiegare come in ogni analisi compaiano, ad un certo punto, condotte transferali e ripetizioni che acquistano un senso solo se vengono collegate a traumi vissuti da generazioni precedenti, ha coniato il termine di identificazione alienante: questa identificazione, che si manifesta in modi privilegiato ne transfert, non è del tutto solidale con la storia del soggetto ma ad una storia che, almeno parzialmente, appartiene ad un altro, un predecessore.
A. Schützenberger, in “ La sindrome degli antenati” (1993, Di Renzo Editore 2004), riporta numerosi esempi riguardanti la ripetizione, in più generazioni, di moduli comportamentali: si tratta soprattutto di atti mancati che conducono ad incidenti autolesionisti che si ripropongono con inquietante somiglianza di padre in figlio.
La micropsicoanalisi, con il concetto di Immagine, articola il fenomeno della trasmissione transgenerazionale alla rimozione e alla coazione a ripetere.
L’Immagine, in micropsicoanalisi, è un insieme geneticamente organizzato di rappresentazioni ed affetti derivati da tutte le esperienze pulsionale, qualitative (rappresentazioni) e quantitative (affetti). L’immagine struttura l’inconscio.
L’aspetto energetico è ereditario. L’immagine filogenetica é quindi una sorta di modulo d’azione che trova nei nuclei di fissazione e nella rimozione ontogenetica i codici espressivi.
L’immagine filogenetica è in stretta sinergia con la coazione a ripetere trasportando attraverso le generazioni le tracce dei traumi, o per meglio dire il modulo d’azione del trauma. Di generazione in generazione questo modulo si ripeterà ed agirà la persona trovando i suoi codici espressivi nelle vicende ontogenetiche.
In questo senso i contenuti espressivi dell’azione varieranno secondo il periodo storico: ad esempio la tendenza a cortocircuitare il conflitto tramite l’acting-out autolesionistico si esprimerà, nelle diverse generazioni, in modi diversi quali l’ardito della prima guerra mondiale, il corridore di corse clandestine oppure il tossicodipendente, eccetera.
Le vicende ontogenetiche sono influenzate dall’immagine filogenetica ma nel contempo partecipano alla sua strutturazione nell’attuale. Riprendendo l’esempio precedente: il modulo energetico primario esiste e spinge per replicarsi ma buoni processi sublimativi possono portare l’individuo a scelte avventurose ma non avventate, a volte socialmente utili e considerate dalla società meritorie. Ad esempio forti identificazioni con valenza sublimatoria possono deviare la spinta ripetitiva verso scelte di vita che comportano sacrifici personali e rischi importanti, ancorando in queste situazioni esistenziali la spinta all’autodistruzione il rischio del suicidio mascherato può diventare minore.
Come si manifesta l’immagine filogenetica?
Il sogno ne è il luogo privilegiato di ripresentazione. Peluffo (1991) afferma: “L’esigenze dell’Immagine vengono rappresentate specialmente nel sogno che diventa il ponte tra la filogenesi e l’ontogenesi. L’immagine filogenetica si mantiene viva e si manifesta nel sogno (come esigenza dell’Es) preparando nell’inconscio quelle attività che produrranno il comportamento di veglia” (pag. 31). (2)
Nell’iter micropsicoanalitico i luoghi privilegiati di incontro con l’immagine filogenetica sono quindi l’analisi dei sogni o meglio delle serie oniriche fino a comprendere tutta la produzione onirica dell’analizzato, il transfert e soprattutto la dinamica transfert e controtransfert.
Uno specifico supporto ideato da Fanti che permette l’avvicinamento all’immagine filogenetica e la sua elaborazione è lo studio dell’albero genealogico.
Qual è l’utilità di questo supporto?
Come si è spiegato in precedenza nella ripetizione transgenerazionale si è perduto il contenuto rappresentativo del trauma, le sue connessioni storiche, ciò che rimane è una sorta d’algoritmo inconscio che guida la ripetizione. Lo studio dell’albero genealogico, accompagnato alla presa di coscienza delle vicende ripetitive che scorrono di generazione in generazione, permette di dare a quest’algoritmo una rappresentazione conscia; ciò permette di vincolare al preconscio – conscio la spinta ripetitiva, legare l’energia libera ad una serie associativa di rappresentazioni di parola. In altri termini si mette in atto un tentativo di svincolamento dell’energia che alimenta la coazione a ripetere ad una serie associativa di rappresentazioni ed affetti governata dalle leggi del processo secondario.
Se il tentativo riesce si riconnette il trauma ad uno spazio tempo: rendendolo conoscibile e rappresentabile lo si ancora al secondario permettendo la neutralizzazione delle esigenze di ripetizione.

Note:
1 Freud, Totem e Tabù ( 1912/13) in Freud opere Boringhieri 1980 Torino
2 N. Peluffo, Il comportamento incomprensibile dell’adolescente come manifestazione dell’immagine filogenetica” in Bollettino dell’Istituto Italiano di Micropsicoanalisi, 1991, Tirrenia Stampatori

Baby sitting, giochi e consulenze: nasce Domus, la casa della famiglia


Ci sarà tutto. Aree gioco e animazione, servizio baby sitting, settori per le consulenze legali o psico – pedagogiche, mostre e anche spazi autogestiti. E poi un centro di documentazione e servizi di sostegno alle famiglie. Dove? Nella Domus del comune di Roma. Un progetto a cui sta lavorando l’assessorato capitolino alla Famiglia e all’Infanzia e che entro un anno sarà operativo. «Le famiglie, soprattutto quelle che vivono in grandi centri, hanno bisogno di essere ascoltate, di capire i loro figli e di superare le varie difficoltà – spiega l’assessore Lia Di Renzo – Per me questo è un atto dovuto nei confronti dei genitori».

Niente a che vedere con i consultori o con gli sportelli a cui si rivolge una tantum, ma delle vere e proprie case, gradevoli, accoglienti e accessibili a tutti. Insomma, un luogo di incontro per i ragazzi ma anche per i genitori, un centro comunale per la famiglia in cui i cittadini potranno confrontarsi con esperti, chiedere aiuti e consigli che siano di ordine legale, sociale, lavorativo o psico -pedagogico.

Ci saranno spazi aperti e attrezzati. Alcuni dei quali autogestiti, nei quali cioè si potranno organizzare feste, incontri, visite. Immancabili le ludoteche, dove per altro si potranno organizzare spettacoli teatrali e musicali.

Per i più piccini, poi, verrà assicurato un servizio di baby sitting, anche per permettere ai genitori di partecipare alle altre attività o semplicemente di documentarsi su un argomento o su un problema che li interessa da vicino mentre il figlio sta al sicuro.

Utilizzando delle strutture libere ma di proprietà del Campidoglio, anche per cercare di contenere i costi (che per il 2007-2008 sono quantificabili in 1 milione di euro), le Domus sorgeranno in più parti della città.

«L’idea è quella di creare una Domus cittadina, una sorta di cabina di regia centralizzata – continua la Di Renzo – che magari sia nel centro di Roma. Per questo infatti abbiamo già individuato uno spazio vicino a Piazza di Spagna, precisamente in via Belsiana, e insieme ad altri assessorati (primi dio quelli del Patrimonio, dell’Urbanistica e dei lavoro pubblici, ndr) stiamo realizzando degli studi di fattibilità. E poi, a seguire, altri centri territoriali o in corrispondenza delle cinque Asl o dei venti municipi. Fra questi potremmo anche usare la Limonaia di villa Torlonia o la Casina di Raffaello a villa Borghese».

Lo svago
Nelle Domus ci saranno aree all’aperto e spazi attrezzati oltre a luoghi autogestiti in cui organizzare spettacoli teatrali, feste e incontri.

I servizi
Per i genitori ci saranno servizi di consulenza legale, psico – pedagogica, sociale e lavorativa. E anche un centro di documentazione.

Gli obiettivi
Le Domus, sia quella centrale che quelle territoriali, vogliono essere un modo per ascoltare e anche per aiutare tutte le famiglie in difficoltà.

Presso Di Renzo Editore ha pubblicato Organi collegiali della scuola, Insegnare oggi e I ragazzi delle Carine.

lunedì, ottobre 16, 2006

Margherita Hack a Pescara


Il 25 novembre 2006 Margherita Hack, autrice di Una vita tra le stelle (Di Renzo Editore) incontra gli studenti del Liceo Marconi presso l’Auditorium Flaiano di Pescara.

Per ulteriori informazioni: vitatralestelle.it