mercoledì, gennaio 09, 2008

Così ho costruito il mio zoo di randagi «a cinque stelle»


di Cristina Mochi

Leoni, ariete, toro, scorpione, pesci... c'è stato un tempo in cui gli uomini, guardando il cielo, scoprivano animali disegnati dalle luci delle stelle. «L'astronomia era agli inizi e le costellazioni note - pochissime - si scoprivano a occhio nudo. Oggi che gli astri catalogati dai più grandi telescopi sono milioni, tutti gli animali del mondo non basterebbero più a dar loro un nome: si usano sigle, numeri, cifre elaborate da elenchi ufficiali condivisi in tutto il mondo» dice Margherita Hack, sorridendo al solo pensiero di un bestiario celeste. A ritrovare un collegamento tra costellazioni e animali ha provveduto però con il suo ultimo libro, Il mio zoo sotto le stelle [Di Renzo Editore], nel quale propone un'inedita versione della sua biografia, scandita attraverso le vite dei trenta e più gatti, quattro cani, un pappagallo e un paio di tartarughe che hanno accompagnato lei e il marito, Aldo De Rosa (il «bipede implume più importante della mia vita») tra Firenze (luogo di nascita), Merate e Trieste. Direttrice, per molti anni, dell'Osservatorio astronomico triestino, professore emerito all'università, la Hack è da sempre un'animalista convinta e dal 1993 presiede l'Associazione per lo studio e i problemi di Bioetica, fondata con l'amica Bianca Pauluzzi, coautrice del libro. Insieme promuovono convegni, mostre fotografiche e altre iniziative per la lotta contro il randagismo, la vivisezione, la caccia, i macelli, le pellicce.
«È una sensibilità che ho avuto fin da bambina, appena ho capito che gli animali sono creature che soffrono come noi» racconta. «E del resto anche Platone diceva che gli esseri viventi sono varianti di un'unica materia primigenia. Oggi abbiamo la prova scientifica di quanto fosse vera questa affermazione: tutto ciò che esiste è formato di materia, costituita dai 92 elementi presenti in natura che si sono formati nel corso dell'evoluzione dell'universo. Questi elementi permettono la formazione dei pianeti e delle forme viventi, dalle più semplici alle più complesse, dai batteri ai pesci, agli uccelli ai mammiferi». Ma la fratellanza con gli animali, riconosce la Hack, l'ha assorbita prima ancora che dagli studi, in famiglia. I genitori, seguaci della Teosofia, una filosofia indiana che proclama il rispetto per tutte le forme di vita, l'hanno allevata secondo una dieta vegetariana assolutamente insolita per l'epoca e che non ha più abbandonato. «Era il '41 o il '42, c'era la guerra, e quasi tutto era a tessera: il pane, il formaggio, le uova, il burro, le patate, i fagioli e naturalmente la carne e i salumi. Questi ultimi però noi vegetariani non li prendevamo, e cedevamo i tagliandi a qualche conoscente, in cambio di pasta o riso». Era il periodo in cui la Hack preparava l'esame di meccanica razionale tenendo sulle ginocchia Cicino, un soriano grosso e molto affettuoso. «Un giorno sentimmo la vicina gridare: Cicino aveva rubato una forma di pecorino, un vero tesoro, dalla casa del federale, il capetto del fascio che abitava in una delle villette a schiera come la nostra. Era riuscito a portarsela in bocca, non so come, saltando ben tre muretti divisori. Purtroppo, temendo che fosse stato visto, dovetti togliergli il formaggio e restituirlo al proprietario». Il libro è disseminato di aneddoti che inneggiano alla furbizia e alla sensibilità degli animali, come in una moderna favola di Esopo. A volte spunta anche un'involontaria lezione di etologia, quando i racconti arrivano a smentire certe abitudini considerate tipiche di alcune specie. Il fatto che i gatti si affezionino di più ai luoghi che alle persone, per esempio, è contraddetto da Marcello, un gattone che veniva sfamato e coccolato da tutti i ricercatori dell'Osservatorio, finché ne scelse uno, il più anziano, e andò a stabilirsi nel suo alloggio. «A quell'epoca gli astronomi, dovendo lavorare di notte, avevano a disposizione alloggi di servizio all'interno dell'Osservatorio. Più tardi, per mancanza di spazi, quei mini appartamenti vennero trasformati in uffici e anche la famiglia di Marcello dovette trovare sistemazione fuori da lì. Pensarono però che il gatto preferisse restare dove aveva sempre vissuto, con la fortuna di un bel giardino. «Invece Marcello, non si sa come, scoprì dove si erano trasferiti e cominciò ad appostarsi di fronte al loro ingresso, notte e giorno, finché lo fecero entrare. Era evidente che voleva restare a tutti i costi con la sua famiglia».
Nel frattempo, a casa Hack, passano Smeraldina, Fiocchino, la Checca, Melchiorre, Fricchettina... tutti randagi che vengono accolti e accuditi. Sempre gatti, però. Finalmente, nel 1979, arriva il primo cane, Dick. Fino a quel momento, per i troppi viaggi, Margherita e Aldo non avevano mai pensato di averne uno. Ma Dick si impose «per forza». Venne strappato, per duecentomila lire, a due giovani che, per strada, lo stavano maltrattando. Aldo chiamò il 113, e i due vennero denunciati. Però il cucciolo di lupo, ferito a una zampa, privo di un occhio e intristito, non giocava e non si interessava a nulla. «Fu una grande sorpresa quando scoprì il freesbee, il "disco volante" che avevamo preso a Princeton e che spesso usavamo davanti a casa» racconta la Hack. Dick da quel giorno divenne un vero maniaco del gioco: saltava per prenderlo al volo e non ne aveva mai abbastanza. «Facevamo 150 passaggi tra di noi, con Dick in mezzo, più volte al giorno. Aveva imparato che a 150 si smetteva. Ma se non rispettavamo l'impegno ci trascinava per i vestiti. Era molto faticoso: abbiamo così cominciato a imbrogliarlo, contando fino a 40 per poi passare a 141, 142,143... 150». Non si è mai accorto del trucco. «Ma non significa che non fosse intelligente». E a proposito di creature intelligenti, la Hack nutre una certezza. «Ormai sappiamo che esistono altri sistemi planetari nell'universo ed è inevitabile pensare che ci siano altri luoghi in grado di ospitare la vita, anche esseri complessi come noi». E quindi come cani, gatti, uccelli e tartarughe. Di un grande zoo interstellare.

[il Venerdì di Repubblica, venerdì 4 gennaio 2008, pag. 68]